L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della CTR della Campania ritenendola viziata dalla «Violazione dell'art. 19 D.Igs. n. 546/92, in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.» e deducendo l'erroneità della sentenza per aver ritenuto che la comunicazione di risposta all'interpello disapplicativo per le società di comodo sia atto autonomamente impugnabile, tanto sia perché il citato atto non è compreso nel tassativo elenco previsto dall'art. 19 del D. Igs. n. 546 del 1992, sia perché l'avviso di accertamento successivo sarebbe impugnabile anche in assenza di preventiva contestazione della risposta all'interpello.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1593 del 26.01.2021 ha ritenuto tale motivo infondato.
In tema di elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, la Corte di Cassazione (Sez. 5, Ordinanza n. 2144 del 30/01/2020) aveva già affermato il condivisibile principio, che viene ribadito, secondo cui il suddetto elenco, pur avendo natura tassativa, non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, con i quali l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, dovendo intendersi la tassatività riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente indicati, ma alle categorie a cui questi ultimi sono astrattamente riconducibili, nelle quali vanno ricompresi gli atti atipici o con nomen iuris diversi da quelli indicati, che però producono gli stessi effetti giuridici, ed anche gli atti prodromici degli atti impositivi. Tra questi la Corte di Cassazione (Sez. 6-5, Ordinanza n. 32425 del 11/12/2019) aveva espressamente individuato il rigetto definitivo, come nella specie, dell'istanza di interpello.
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